R. Rea, Variantistica leopardiana. Origini, orientamenti, problemi, in «Filologia antica e moderna», X, 19, 2000, pp. 119-61.

Il saggio offre, nella sua tripartizione, una dettagliata disamina del dibattito critico sulla variantistica leopardiana, illustrando e confrontando soluzioni e modelli adottati nell’editare i Canti. La prima sezione, in seguito a un excursus sui prodromi degli studi dedicati agli autografi e alle correzioni leopardiane, si incentra sulla nota querelle tra G. De Robertis e Contini (1947): l’uno teso, sulla scorta dell’esperienza vociana, a privilegiare un’analisi puntiforme e giudizi di tipo impressionistico; l’altro, forte dei precedenti lavori sul modus correttorio del Petrarca e dell’Ariosto, deciso a leggere la genesi dei Canti mediante le nozioni di “sistema” e “implicazione”. Si esamina poi l’edizione di D. De Robertis (1978) rilevandone, quali tratti distintivi, la considerazione della sola tradizione a stampa (con conseguente esclusione delle varianti d’autore) e la valutazione delle correzioni in rapporto all’intera storia dei Canti (da R18 a N35c) costituitasi in sistema. Queste tendenze sono messe in discussione nella sezione finale attraverso il ricorso a rilievi di ordine linguistico-stilistico e alla formulazione di acute proposte interpretative.

The tripartite essay subjects to careful scrutiny the critical debate on the “variantistica leopardiana”, explaining and comparing solutions and models chosen editing Leopardi’s Canti. The first section, after an excursus on the origins of the studies dedicated to Leopardi’s autographs and corrections, is focused on the well-known querelle between G. De Robertis and Contini (1947): G. De Robertis, thanks to his experience at the lead of “La Voce”, prefers a punctiform analysis and impressionistic opinions; Contini, on the contrary, investing his previous works on Petrarch’s and Ariosto’s way of correcting, interprets the Canti’s genesis through the concepts of “sistema” and “implicazione”. Afterward Rea illustrates D. De Robertis’ edition (1978), pointing out two distinctive characteristics: the exclusive examination of the printed tradition (therefore the authorial variants are excluded from the research) and the assessment of the corrections in proportion to the whole Canti’s history (from R18 to N35c), perceived as a system. The last part of the essay disbelieves these features through linguistic and stylistic remarks, as well as formulating sharp interpretative proposals.

[Scheda a cura di A. Siciliano]