P. Stoppelli, Filologia della letteratura italiana, Roma, Carocci, 2008.

La filologia, prima che con le ideologie, fa i conti con la testualità. Introducendo anzi tutto, attraverso una sintetica ma esauriente esposizione, metodi e tecniche di base, e raccontando – attraverso tipologia, epoche, lingue e supporti materiali che li hanno veicolati  – la storia testuale delle maggiori opere della letteratura italiana, il manuale si pone l’obiettivo di sollecitare una attenzione microanalitica ai testi, che tenga conto sia delle implicazioni multidisciplinari della materia sia delle competenze tecniche – linguistiche, metriche, retoriche – necessarie per uno studio scientifico volto a valorizzarne lo spirito vitale attraverso i secoli. Corredato di bibliografia ragionata che ne ricalca la divisione per argomenti e ampi indici, il manuale si chiude con una serie di questioni aperte; tra queste, la panoramica sul rapporto tra filologia e informatica sottintende un provocatorio interrogativo: una nuova organizzazione dei dati comporterà un migliore servizio al testo oppure potrebbe dar  luogo ad una nuova – depotenziata, perché sottratta alla potestà del filologo – ecdotica?

Philology concerns texts, rather than ideologies. First of all, the book intends to stimulate the attention for an extremely subtle text analysis, which takes into account both the subject’s multidisciplinary nature and technical skills (linguistic, metrical, rhetoric), which are necessary for a scientific study aimed to the valorization of the text’s vitality during the centuries. The exposition is synthetic but exhaustive; it conveys basic techniques and methods and explains the textual history of the most important Italian works, through the ages, languages and devices of their transmission.  The book is completed by large indexes and a bibliography which follows its division by topic, ending with some open questions. For example, the survey of the relation between philology and informatics, implies a provocative question: will a new organization of data involve a better service for the text? Or will this give birth to a new, weakened philology, due to the downsizing of the philogist’s role?

[Scheda di V. Talone]